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a Teresa. — La stagione è favorevole, abbiamo una primavera che è un incanto. Esca spesso. Vada a trovare un’amica, procuri di interessarsi a qualche cosa, di cambiare l’ordine abituale de’ suoi pensieri, di non fissarsi in una idea. Faremo una piccola cura arsenicale combinata col ferro, ma il primo rimedio, se ne persuada, lo deve trovare in se stessa. Mi comprende, nevvero?

Le strinse la mano, colla sua dolcezza indolente d’operatore, mostrando i denti bianchi nell’arco del sorriso; lasciando sul capezzale come un profumo della sua vigorosa giovinezza.

Tornò qualche giorno dopo, per vedere l’esito della cura, ed essendo comparso all’improvviso davanti a Teresina, ella arrossì, tutta confusa, con un sentimento recondito di vergogna.

Quella specie di intimità con un uomo giovane, senza il legame dell’amore, la turbava. Era meravigliata di non trovare maggior avversione al contatto, di sorprendere nei suoi sensi una vita autonoma, indipendente dal cuore e dalla volontà.

Fino allora aveva amato, in un sol uomo, l'incarnazione dell’amore; ma nella tensione di tutto il suo essere verso quell’ideale, il cuore e la mente resistevano, i nervi no. I nervi, a sua insaputa, con una ribellione mostruosa, vibravano quando il giovane dottore le stringeva la mano, e la guardava colla sua pupilla intenta. E Teresina spasimava, sentendosi prendere alla gola da un rantolo