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e guardandosi nello specchietto che l’Ida le porgeva, fu intimamente soddisfatta. Nella cornice bianca del guanciale, la sua testina spiccava con una linea delicata; il caldo del letto le metteva sulle guancie un madore roseo, sotto il quale spariva l'ascetica magrezza del volto. La bocca un po’ pallida, era circondata da qualche ruga, ma fra le labbra disegnate finamente, il sorriso sempre grazioso scopriva i denti candidi.
— Che cosa mi farà poi? — chiese alla sorella, intanto che colle mani si assicurava se il bottone in alto della camicia fosse ben chiuso.
— Nulla... ti ordinerà altre pillole. La tua non è una malattia; non aver paura.
— Ah! non è per questo... Sta qui però, non lasciarmi sola.
Quando il dottore venne, Teresa era tanto in orgasmo che si dovette darle qualche goccia di melissa per calmarla.
L’Ida, non comprendendo niente in quella falange di mali che le sembravano immaginari, stava ritta ai piedi del letto, guardando il medico. Il signor Caccia, serio, imbronciato, aspettava.
L’esame fu lungo e minuzioso. Incominciò con una quantità di domande; alcune fra le quali inaspettate, altre incomprensibili per la sofferente che si accontentava di crollare il capo, muta, sotto l’impressione penosa di un incubo.
A un dato momento il dottore sollevò la coperta.