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il sogno di tutta la sua vita: spingere il figlio rapidamente sulla carriera degli impieghi, crearlo capo di casa, riordinare le sostanze sbilanciate e dopo cinque o sei anni di strettissima economia, procurargli un partito brillante, bella moglie e pingue dote.
In queste disposizioni future, l’Ida, la sua prediletta dopo il maschio, si trovava assicurato l’avvenire nella posizione di maestra. Quanto a Teresa, vedendola girare per la casa, spersonita, cogli occhi neri in cui moriva lo splendore dello sguardo, colle manine che prendevano il colore della cera, egli era convinto che non se ne sarebbe mai fatto nulla piú di quel che era stata sua madre; e crollava le larghe spalle con aria di sprezzo.
Ella doveva nascondergli le sue sofferenze per non essere sgridata, eppure queste sofferenze crescevano ogni giorno.
Non poteva piú mangiare alle ore consuete; il cibo preso in compagnia le faceva male; divorava sola, in cucina, gli avanzi dei pasti. Faceva un abuso grandissimo di caffè. Molte volte, nei momenti di maggior calma, standosene tranquilla a lavorare insieme alla sorella, si metteva a gridare: — Viene! Viene! — (intendeva il male) e con una mano sullo stomaco, gli occhi sbarrati, la bocca schiumosa come vedesse un mostro orribile, entrava nella prima fase delle convulsioni.