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Entrò una volta in chiesa per rivedere la cappella sotterranea, la graziosa cappelletta dipinta, dalle cui finestre si scorgeva l’orto del curato, profumato di basilico.

I ricordi della giovinezza l’assalirono aspri, pungenti, in quel posto dove ella erasi inginocchiata a vent’anni, dove aveva per la prima volta guardato Egidio. Dalle finestre entravano ancora i ciuffi di basilico; morivano le rose sull’altare tra le lampade d’ottone inargentato; le figure degli affreschi sorridevano nei toni delicati delle pitture vecchie. Nulla era cambiato nella gran calma immobile del tempio, ma Teresina piangeva.

Un suono di passi ripercosso nel silenzio della navata la riscosse. Si asciugò gli occhi coll'angolo del velo e uscì dalla cappella. In mezzo alla chiesa trovò Orlandi, solo, che le veniva incontro.

Non fu nemmeno sorpresa; impallidì, aggrappandosi al suo braccio, battendo i denti per la commozione.

— Quando sei arrivato?

— Son due ore. Un telegramma di mia zia... per affari. Riparto stanotte.

— E se non mi vedevi?

— Ti vedo — disse Orlandi, col suo bel sorriso. — Non ebbi il tempo di avvertirti, ma ero deciso di vederti a qualunque costo. Seppi, per caso, che eri venuta qui; mia zia t’ha veduta passare.

Teresina non pensò al pericolo di essere scoperta;