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viveva quasi esclusivamente in compagnia della madre inferma — riparate tutte e due dall’aria, coi piedi sullo stesso sgabello, sorridendosi tristamente.
Un pensiero disperato l’assaliva di tratto in tratto. Aveva paura di diventare una vecchia stramba come la Calliope, di rinchiudersi in casa e mostrarsi solo alle sbarre delle finestre, con un fazzoletto giallo in capo, facendo sberleffi alle persone che passano.
Il doppio matrimonio, per quanto si affrettasse, non poté aver luogo che ai primi di settembre. Quel giorno Teresina ebbe un accesso delle sue solite convulsioni; l’Ida la pose a letto, affettuosamente, cercando di calmarla, ricordandosi quanta pazienza ella aveva avuta con lei quand’era piccina.
Non assistí né alla cerimonia, né all'asciolvere.
Le spose gemelle vennero a salutarla, in piedi, tenendo sollevate le gale dell’abito. Avevano fretta, perché il treno partiva a momenti. Sulla soglia dell’uscio si voltarono; s’erano dimenticate di baciarla e le gettarono un piccolo bacio sulla punta delle dita, raccomandandole di stare tranquilla.
Come Dio volle, a poco a poco, la casa ridivenne calma; sparvero i figurini di mode, i rotoli di tela, i pezzetti di nastro dimenticati sui mobili. Al vocìo chiassoso delle gemelle, alle risate argentine delle Ridolfi, successe un silenzio che pareva di tomba.