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La signora Soave affrettava, piú che le fosse possibile, le nozze, perché si sentiva in fin di vita. Ella si spegneva come aveva vissuto, blandamente, senza spasimi atroci, ma con una continuità di dolore non interrotto. Dove soffriva? In nessun posto e dappertutto. Era una fiacchezza, uno sfasciamento generale. Aveva quasi la stessa età di suo marito, e sembrava la di lui madre, la nonna delle sue figlie.
Colle finestre aperte respirava l'aria di maggio senza muoversi dal divano, tutta ravvolta nello scialle, colle manine di cera incrociate sul petto, i grandi occhi opachi fissi nel vuoto.