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desiderio mostruoso di veder scorrere del sangue insieme alle sue lagrime.
La trovarono sfinita, livida in volto, coi denti serrati.
Il dottor Tavecchia, chiamato per tranquillizzare lo spavento della madre, accennò a un isterismo nervoso e prescrisse dei calmanti.
Da allora, ogni tratto, le convulsioni si rinnovarono, tenute dapprima nascoste perfino alle sorelle, poi accettate come crisi passeggera, prodotta da un generale indebolimento dell’organismo. Il dottor Tavecchia ordinò le pillole di ferro.
L'inverno fu tutto occupato nell'allestire il corredo per la sposa. Si faceva economia, cucendo ogni cosa in famiglia. Teresina, naturalmente, aiutava, e spesse volte, ricamando i festoncini intorno alle camicie, le venivano i goccioloni agli occhi. Un giorno, dopo aver lavorato quattro ore di seguito, dichiarò di essere stanca; le bruciavano le palpebre, e davanti alla pupilla vedeva come una nebbia.
— Se fosse il tuo corredo — disse crudelmente la sposina — non ti stancheresti.
Teresina chinò il capo in silenzio. Nessuno seppe la forza ch’ella dovette fare a se stessa per non schiaffeggiare la sorella.
Lo sposo veniva in casa tutte le sere. Era innamoratissimo; si sedeva vicino alla sua promessa, e sembrava volesse mangiarsela cogli occhi;