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nel fare da mamma alle sorelle, non le era rimasto il tempo di cercarsi un’amica della sua età. La pretora le si conservava fedele, ma anch’essa invecchiava, aveva le figlie grandicelle, tanti pensieri, tanti sopracapi.
Con grande stento Teresina l’aveva persuasa a ricevere in nome suo le lettere di Orlandi. Queste lettere erano fiacche, scarse, eppure Teresina le apriva sempre con un palpito di cuore, le leggeva avidamente.
La pretora crollava la testa: cose lunghe diventan serpi. Secondo lei non c’era piú nessuna ragione di continuare la corrispondenza.
Ma Teresina ricordava l’ultimo colloquio, gli schietti trasporti, i baci che non ingannano. Dieci mesi erano già passati — dieci mesi che non vedeva Egidio — eppure le memorie di quella notte la inseguivano ancora: il ballo, l’audace apparizione, sopratutto l'appuntamento in fondo al giardino, dopo la veglia, nell’alba fredda di quel mattino di febbraio.
Ella pensava che anche lontano Egidio dovesse conservare l’ardore del desiderio, come lo conservava lei, e che nessuna donna potesse interessarlo, come a lei non interessava uomo.
Eppure questa fede ingenua veniva scossa qualche volta. Vedeva, guardandosi attorno, riflettendo, confrontando e capiva che tutto nella vita di un giovane si svolge in modo opposto a quello di una