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gli altri, gli faceva un certo qual onore, di cui andava tronfio sollevando le sopracciglia ad altezze insolite.

— Bada — gli aveva detto al momento della partenza — di non dimenticare mai i buoni esempi avuti in famiglia.

E poiché la signora Soave lagrimava in silenzio, seduta sul divano, coi piedi sullo sgabelletto — fatta cosí debole oramai da non potersi piú reggere — il signor Caccia le diede un’occhiata dall'alto in basso, crollando le spalle poderose. “È una miseria l'essere donna” pensava tra sé — e tornò a salutare il figlio, rigido, impassibile, dando prova di una grande superiorità.

Teresina si meravigliò, e quasi ne fece a se stessa un rimprovero, di non commuoversi abbastanza a questa partenza. Amava meno suo fratello? No, certo: ma era così assorta nell’amore di Orlandi che ogni altra affezione sembrava pallida al confronto. E poi aveva già molto sofferto. Il suo cuore non provava piú lo slancio subitaneo della prima giovinezza; incominciava ad essere stanco, e a misurare il dolore.

Aveva riflettuto qualche volta — non senza esitazione, temendo di essere una cattiva sorella — se, non essendovi Carlino da mantenere agli studi, il ricevitore le avrebbe assegnata una piccola dote. Come tutto in questo caso sarebbe semplificato!