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— Almeno fosse un maschio! — sospirò ancora la signora.

— Non ne ha abbastanza di Carlino?

— Oh! non per me; ma le ragazze, poverette, che cos’hanno di buono a questo mondo?… Un grande sconforto le piegò gli angoli della bocca, e i suoi occhi neri, opachi, si velarono di lagrime.

— Su, su, lasci stare le malinconie. Siamo donne, ma, diavolo, non c’è stato nessuno che ci abbia mangiate. Tre ragazze le ha già, una piú, una meno... così il suo Carlino non va soldato.

Il silenzio si rifece, grave, tormentoso; rotto a tratti da’ gemiti della sofferente.

— Vede, signora Caterina, in questa camera io son nata; in questa camera... presto... forse oggi, chi sa non abbia a morire.

— Ma ne devo sentire ancora? — interruppe la signora Caterina, ponendosi le mani sui fianchi — si crederebbe, a darle ascolto, ch’è una bambinetta senza giudizio, e non la madre di quattro figli, a momenti cinque! Perché deve morire? Tanto può morir lei, come posso morir io, sul colpo, di accidente. Ha sentito ieri? Il fratello del sindaco, quel pezzo di uomo che pareva il ritratto della salute?... In un jesus, nemmeno il tempo di dire amen; stava leggendo una lettera, paf, era morto. Non si deve pensare alla morte; quando viene, è perché deve venire; del resto noi donne abbiamo