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mai piú ad Orlandi, ella si reclinò tutta sopra se stessa, qual canna sbattuta a terra, in un completo annientamento; e la sua risposta si perdette fra i singhiozzi.

Ma poi, le ore, i giorni, le settimane che seguirono quel terribile momento!

Non osava guardare in faccia suo padre e nemmeno le sorelle, le quali avevano preso un fare altezzoso di persone cui nulla si può rimproverare.

Non c’era che la madre, a cui Teresina potesse volgere gli occhi pieni di lagrime, senza trovare in quelli di lei un rimprovero.

Che lunghi silenzi penosi nel salotto terreno! Che tormento, ogni giorno rinnovato, quando la famiglia stava riunita a mensa e il capo di casa, col cipiglio ancor piú grave del solito, presiedeva come un giudice.

Piú nulla sorrideva a Teresina nel buio salotto: non la finestra alla quale le era proibito affacciarsi, da cui non doveva piú udire il passo di Egidio: non l’orologio sul quale aveva contato trepidando le sue ore felici. Una tristezza senza nome piombava su di lei; ogni oggetto che la circondava, ogni mobile, tutto portava le impronte del passato. Qui, aveva letto nascostamente una lettera; là, aveva pensato, pianto, sospirato d’amore. E le memorie erano recenti, calde ancora.

I rimproveri del padre, le preghiere della mamma,