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— È a Parma, fa l'ultimo anno di legge.

Discorrendo, Monsignore si era avviato per la sua strada e l’esattore lo seguiva umilmente, tenendo la sinistra, gonfio dell’onore che riceveva in pubblico.

— La sua signora?

— Così così; sempre delicata...

— Gran buona donnina! E le figlie?

— Crescono, Monsignore.

Si trovavano davanti alla casa del prelato. Con un gesto grazioso ed autorevole, Monsignore invitò il signor Caccia ad entrare.

Il cameriere, colla papalina di pelle, li introdusse in un salotto spazioso, quasi nudo, dove i mobili si perdevano tra un finestrone e l’altro, sotto i ritratti che presiedevano maestosi nelle loro cornici affumicate; ritratti di preti ascetici colle guancie infossate, il mento aguzzo, ritratti di preti floridi, grassi, lucenti, colla pappagorgia cascante sul collarino; occhietti furbi di auguri che non credono; pupille mansuete di servi in buona fede; l’intera collezione degli abiti mitrati che avevano preceduto Monsignore.

— È un po’ fredda questa sala...

L’esattore si arrovellava il cervello per indovinare il segreto movente del prelato; ma costui non lo lasciò piú oltre in pena e modulando la voce a un allegretto pieno di disinvoltura, gli chiese di punto in bianco: