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non soggetto a scuole od a chiesuole. Si doveva proclamare la verità sempre, a qualunque costo; aiutare i deboli e gli ignoti, sprezzare i prepotenti, smascherare i birboni.
Orlandi era entusiasta del suo programma. Tutto quanto vi era di buono in lui, cuore e ingegno, voleva dedicarli a quest’opera. Non si sarebbe piú detto che era uno scioperato; e sorrideva pensando che quel lavoro non gli costava nessun sacrificio, che avrebbe potuto fare del bene senza vincolare la propria libertà, né annoiarsi soverchiamente.
Nelle liete prospettive dell'avvenire, non mancava la sorpresa che avrebbe manifestato il signor Caccia, quando Orlandi chiedendogli per la seconda volta la mano di Teresina, gli getterebbe in volto, come una sfida, il suo titolo di direttore di un giornale.
Ma, per l’onore di Egidio, bisogna dire che la gioia piú delicata, piú intimamente cara, era quella di pensare alla felicità di Teresina. Come tutti gli esseri forti e buoni egli amava la debolezza e si faceva un dovere di proteggerla.
La vita che conduceva la fanciulla gli sembrava così miserabile, che doveva essere per lei una somma ventura il poterla cambiare. Questa persuasione spiega la frase compassionevole che egli pronunciava spesso: “Povera Teresina!” Nell’amore del giovane la passione assorbente