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il signor Caccia. Si levò in piedi, tutto rosso e sbuffante, deciso a troncare bruscamente la quistione. Soggiunse a questo proposito:
— No, mia figlia non è per lei.
Orlandi, pallido d’ira, era stato ad ascoltarlo senza poter credere alle proprie orecchie. Le ultime parole lo ferirono come freccia; fece un passo avanti, baldo, sicuro coll’occhio che gli fiammeggiava, colle vene della fronte leggermente gonfie:
— Signor Caccia, amo sua figlia, e le mostrerò che non ho bisogno della dote. Se ella avesse avuto un po’ di fiducia in me, un po’ d'affetto per Teresina, noi saremmo piú prontamente felici. Così è una quistione di tempo, e per parte mia avrò il piacere di non doverle nulla. A rivederla.
Uscì bruscamente, lasciando l'esattore intontito.
La signora Soave fu la prima a ricevere il contraccolpo della scena. Suo marito la trovò nella camera nuziale, genuflessa davanti al bambinello di cera.
— Non si può proprio fidarsi di nulla in questa casa! Dovrei aver occhio a tutto; agli affari, all’azienda domestica, al figlio, alle ragazze!
— Che hai Prospero?
Ella si alzò, un po’ tremante, vedendo che suo marito dava la chiave all'uscio.
— Ebbene?
Il signor Caccia stette zitto un momento, tanto