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non avrà altri incarichi da parte di mio figlio?...

Invece di sedersi il giovane fece atto di partire.

— Scusi, vedo che la incomodo. Se vorrà ricevermi un altro momento, la prego di farmi conoscere l’ora in cui posso trovarla libera.

Il signor Caccia balbettò una scusa; capì di essersi spinto troppo oltre, e volle dare una giustificazione al suo malumore:

— No, prego, s'accomodi. Deve compatire se risposi un po’ irritato all’udire il nome di mio figlio. Quando si dedica tutta la vita ad una idea, quando del dovere di padre di famiglia si è fatta una religione, quando e spese e sacrifici, tutto si affronta per il bene dei propri figli, è assai duro il vedersi così male corrisposti, come lo dimostra un giovane che non ha né puntiglio, né delicatezza, né cuore.

Orlandi ascoltò questa sfuriata nel piú rispettoso silenzio, e solo quando l'ultima sillaba di cuore morì nell'eco delle quattro pareti, si credette in obbligo di rispondere:

— Dubito che un istante di collera, certamente giustissima, ma forse un po’ eccessiva, le faccia giudicare a torto...

— Giudicare a torto? — interruppe il signor Caccia. Osservi questa lettera, e lei, che è amico di mio figlio, mi sappia dire, se lo sa, dove, come e quando si possa fare un debito di cento lire.