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Il signor Caccia era nel suo studiolo, duro e impettito, quantunque fosse solo, per la grande abitudine che aveva di posare.
Seduto sulla sua poltrona in forma di biga romana, cogli occhiali sul naso e una lettera in mano, grugniva sordamente. Un colpo di tosse secca, come se gli andasse un boccone di traverso, interrompeva tratto tratto la lettura che fu lunga e laboriosa.
Quand’ebbe finito, restò immobile, cogli occhiali rizzati sulla fronte, lo sguardo torbido.
La mezza luce di un giorno nebbioso rischiarava appena lo stanzino rendendo piú tristi le quattro pareti a spugnature e l’affliggente scansia d’ufficio tutta piena di carte bollate. La libreria, alla quale Carlino aveva finito di rompere i pochi vetri