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freddo, proprio quand’ella lo stringeva piú ardentemente.

La natura, nella sua violenza e nella sua purezza, parlava a Teresina, ed ella accoglieva il piú sacro degli istinti, non deturpato da alcun pensiero cattivo. Era buona, era candida, amava; amava quel giovane che doveva essere suo marito; e, come metteva i suoi trasporti a’ piedi di Dio nelle sue fervide preghiere, così non li celava a lui, ignorando le imposture della modestia, le reticenze della civetteria.

Da quei colloqui ella usciva con un ricordo di felicità, che bastava a renderla felice per parecchi giorni di seguito. La sua gioia non aveva ombre. Non dubbi sulla fedeltà di Egidio ch’ella sentiva tutto suo, non ansie per l’avvenire. Unica pena, la lontananza. Ma anche questa era temporanea. Otto, dieci mesi ancora, poi Orlandi l’avrebbe chiesta in isposa, e allora tutte le porte si sarebbero aperte al fidanzato.

Non poteva soffermarsi a lungo su questo pensiero, tanto la prospettiva era abbagliante. Moglie di Orlandi, col suo nome, col diritto di amarlo, colla sicurezza di essere amata, e per sempre!

Ella portava nell’amore l'esaltazione fatidica dei santi per la loro fede; si sentiva chiamata, guidata da una mano invisibile. Accordi celesti risuonavano dietro di lei; sognava la sua unione con Egidio, come le vergini, chiuse nei chiostri, sognano di