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che non avesse portata altrove la lettera di Orlandi. No, egli giurava che la lettera non v’era. Il cuore di Teresina sembrava sollevarsi un poco a questa dichiarazione; cessava il timore, ma una malinconia sottile vi subentrava, un senso di isolamento, d’abbandono, come se il mondo si sfasciasse intorno a lei, ed ogni cosa viva allontanandosi, ella rimanesse sola in un gran buio freddo.
Due o tre volte, si erano trovati alle undici di sera, al solito convegno; e poiché il loro amore toccava l'apogeo dell’ebbrezza ideale, quegli incontri erano pieni di soavità, pieni d’illusione.
Orlandi aveva quella tenerezza delicata dell’uomo sinceramente innamorato, che nasconde gli artigli non per ipocrisia, ma per un trasporto momentaneo dell’anima sul corpo. Teresina aveva l’abbandono fidente della donna che non provò ancora i disinganni.
Varcavano entrambi il periodo piú bello della passione, la zona fulgida senza macchie. Lui non aveva detto tutto, lei ignorava molto; e, fra queste due lacune, l’immaginazione si stendeva all’infinito.
Attraverso la inferriata che li separava, essi cercavano i maggiori punti di contatto, involontariamente, spinti da una irresistibile attrazione; ed era la fanciulla che, nella sua ignoranza, si offriva; era lei che avvicinava il volto, che tendeva le labbra, senza rossore, senza paura; meravigliata che il giovane si ritraesse in certi momenti, e sembrasse