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La prima parte del discorso aveva ripiombata Teresina ne’ suoi crucci, ma le spiegazioni date dal fratello la rassicurarono.

Anche a lei Orlandi aveva scritto che quell’anno piglierebbe la laurea, e dopo si sposerebbero.

Nella sera stessa, prima di coricarsi, preparò una lettera. Teneva sotto il letto uno scodellino coll’inchiostro, per non destare sospetti a portarsi il calamaio in camera; la carta la pigliava nello studio del babbo; carta azzurrina, quadrettata, a fogli larghi come pezzuole; il giorno poi in cui arrivasse a possedere qualche lira, si sarebbe data il lusso dei piccoli fogliettini inglesi, come li adoperava lui.

Scrisse: che era felice della bella improvvisata, che per quella aveva passato il piú gaio Natale della sua vita, e tante altre cosine graziose, come le sanno dire e scrivere le fanciulle innamorate. Ma siccome le bruciava sempre in fondo al cuore la gelosia della bella donna fotografata, dopo tre pagine di tenerezza si decise a battere un po’ quel terreno pericoloso. Non poteva tenersi il dubbio; era troppo atroce. Voleva sapere da lui la verità.

Sottoscrisse come il solito, “fedele Teresina”. Ella era ben sicura di restargli fedele, sempre, fino alla vecchiaia, fino alla morte. Campando la media comune, aveva davanti a sé trent’anni ancora per amare Orlandi; e si rallegrava pensando come sono lunghi trent’anni.

Tre giorni dopo riceveva in risposta un letterone,