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— Sì, era sua.
Il bottone saltò via, con un colpo netto, e la fanciulla poté far credere che l'improvvisa contrazione del suo volto dipendesse da quel contrattempo.
Si era ripromessa una bella mattinata in chiesa, col suo abito nuovo, il cappellino che le stava tanto bene, ma tutto rimase guastato. Si sentiva profondamente infelice.
Nella navata a destra, la giovane signora Luzzi, sposa da quindici giorni, tutta pallida, affettando un’aria vaporosa, sfoggiava bellissimi diamanti e trine vecchie di Chantilly, cagionando molte distrazioni e peccati d’invidia.
L’abito di Teresina non venne nemmeno guardato; ma non era per ciò che la fanciulla si crucciava. Ella pensava a quel ritratto di donna.
Le tre messe le parvero sei. Smaniava di trovarsi sola, di strapparsi di dosso tutte quelle vesti inutili, di buttarsi col capo in giù sul suo lettuccio e di piangere.
In quella folla che la circondava, tutti i volti le sembravano nemici; la musica dell’organo le metteva addosso una tristezza da campana funebre. Ma perché si mostrava così lieta la vecchia Tisbe, tutta arzilla sotto una cuffietta nuova? Perché era sempre così rubiconda, quasi lucida come una mela, la grossa serva di Monsignore? E la moglie del sindaco, calma, serena, assorta nel suo libro