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Non aveva mai dimenticate le profonde emozioni avute dal dramma Rigoletto; ma le comprendeva meglio ancora, comprendeva l’amore terribile che conduce alla morte. Né questa comprensione la rendeva mesta; all’alba felice dell’amore ella non poteva avere che pensieri rosei.
Cantava pateticamente “Tutte le feste al tempio” con un accento di donna iniziata ai misteri della passione, ma col volto ilare di chi si sente amato, e non teme insidie.
In realtà la sua vita si era arricchita di una sorgente inesauribile di gioie. Quando sedeva nel vano della finestra, occupata per ore intere a rattoppare, chi poteva impedire alla sua fantasia di rinnovare cento volte, mille volte, fino a sazietà completa il suo colloquio con Orlandi?
Ed ora sì, Luzzi poteva passare impunemente, guardando le finestre della Portalupi; ella sorrideva.
Sorrise anche una mattina, che passò il professore Luminelli, dimenando le braccia.
Come tutti erano brutti al confronto di Orlandi! E le sembrava che ognuno dovesse accorgersi della somma ventura che le era toccata; le veniva molte volte la voglia di gridare: oh, badate, Orlandi mi ama.
Nello stesso tempo aveva delle prudenze da serpente per non tradire il suo segreto. Una o due volte al giorno si chiudeva in camera per leggere