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apersero la porta, e Orlandi si tirò indietro per lasciar passare le signore.
Entrarono prima le gemelle, la mamma e da ultimo Teresina, la quale, piú morta che viva, sentì prendersi rapidamente la mano e far scivolare in essa una lettera.
Non ebbe tempo né di rifiutarla né di parlare e nemmeno di guardare l’audace che, ritto sulla soglia, protestava di non voler entrare a dar disturbo, bastandogli una parola per Carlino.
Il ricevitore uscì dal suo studiolo, alla voce d’Orlandi; le gemelle salirono lentamente la scala, strisciando le scarpe per farle asciugare. Teresina le seguì.
Quella lettera le bruciava il palmo della mano; non sapeva dove metterla. Si spogliò con un pugno chiuso, a movimenti febbrili; divorando cogli occhi le due ragazze che non terminavano mai di levare gli abiti.
Sotto il portico, Orlandi, il signor Caccia e la signora Soave scambiavano dei complimenti; poi Orlandi se ne andò. Teresina col viso contro i vetri lo vide allontanarsi verso la piazza.
— Non siete ancora pronte?...
— Che te ne importa? Facciamo il comodo nostro.
Le gemelle erano cattive e maligne; l'istinto le avvertiva che annoiavano Teresina restando in camera, e vi restarono piú a lungo.
Teresina colla fronte appoggiata ai vetri guardava