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La sua buona mamma dormiva, come gli altri, al suo fianco; le gemelle davanti sembravano statue. Teresina sollevò la testa, guardando in fondo alla chiesa, verso la porta maggiore; ma un gruppo di contadini, in piedi, glie ne toglieva la vista. Allora fissò gli occhi, distratta, sui finestroni a ogiva, dai quali entrava una luce scialba. Pioveva sempre, e quelle goccie continue sui vetri impolverati, tracciavano dei rigagnoletti piú chiari sulla trasparenza densa del cristallo.
“il giorno del giudizio o peccatori”.
Questa frase monca, che per un movimento del predicatore era giunta abbastanza distinta al suo orecchio, la scosse; procurò di stare attenta alla parola divina, aggrottando le ciglia, stringendo le mani sopra il suo libro di preghiere. Ma dopo qualche istante le mani tornavano ad allontanarsi, gli occhi ripresero le vie aeree su per i cornicioni, nel fogliame dei capitelli, dentro lo sfondo della cupola, e ancora sulle ogive pallide battute dalla pioggia.
Un sorriso impercettibile le sfiorò le labbra; per un giuoco strano della fantasia ella aveva visto improvvisamente quel finestrone illuminato da un tramonto d’autunno e le saliva alla testa, con un profondo sospiro, un profumo acuto di basilico; proprio come se avesse davanti i ciuffi rigogliosi di quell'erba.
Chiuse gli occhi, abbagliata.