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giallastra, torbida, alla superficie della quale galleggiavano cenci, pezzi di legna, mobili infranti, cadaveri d’animali.

— Non c’è nessuno che lo conosca? — tornò a domandare il sottoprefetto.

— Sì... mi pare rispose il sindaco, esitando, non bene sicuro.

Una voce, tra i barcaiuoli, gridò:

— È l’Orlandi.

— È l’Orlandi, è l’Orlandi — ripeterono in giro, attoniti, ammirati.

— Voleva ben dire, — mormorò il sindaco — non vi è che lui!...

— Orlandi? uno del paese?

— No, è di Parma; ma qui lo conoscono tutti: un capo scarico...

— Si vede.

Intanto che le autorità commentavano, poco benevolmente, l’audacia del temerario, il popolo, entusiasta, lo acclamava.

Quando la barca toccò terra, e Orlandi ne uscì, bagnato, coi panni in disordine, colle mani lacerate, eppure baldanzoso ancora come avesse fatto una gita di piacere, tutti quei barcaiuoli lo circondarono, affollandolo di domande.

Innanzi di rispondere ad alcuno, Orlandi prese dal fondo della barca un fardello, ravvolto in una coperta di lana, e lo gettò nelle braccia della prima donna che si trovò accanto.