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Dopo mezz’ora si trovavano tutti e quattro nella casa di campagna.
Orlandi, pazzo di gioventù e d'allegria, trascinava Carlino ai giuochi i piú arrischiati. Saltarono fossi, ruppero siepi, si schernirono, si accapigliarono, con un rimbalzo di parole frizzanti, di canzonature mordaci; inebbriati dall’onda del loro sangue, dalla forza dei loro muscoli.
La visita alla cocomeriera occupò il restante della serata, sempre in mezzo alle risa ed al chiasso: finché Teresina, avvicinandosi al fratello, gli fece osservare che era tardi.
Il ritorno fu tranquillo.
La signora Letizia, appoggiata al braccio di Teresina, pronunciava tratto tratto qualche frase insignificante, ammirando la bella sera. La ragazza taceva.
— Potremmo essere un po’ piú galanti, — disse un tratto Orlandi — Carlino, dà il braccio a mia zia.
Egli stesso offerse il suo, con molta disinvoltura, a Teresina; camminarono così buon tratto di strada, ciarlando tutti insieme.
All'estremità del viale, Orlandi e la ragazza si accorsero di aver perduto i loro compagni e si fermarono per aspettarli.
— Non la si vede mai in paese.
— Esco poco.
— Ma nemmeno alla finestra.
— Oh! non ho molto tempo da stare alla finestra, io.