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Teresina abbassò il capo. Egli soggiunse ridendo:
— Non per farti torto, sai? ma bisogna uscire da questo paese, e sopratutto da questa casa per sapere come vestono le signore eleganti. Tu vedi la mamma, la pretora, la moglie del sindaco, la sorella del dottor Tavecchia, la cuoca di Monsignore, alla domenica, quando mette l'abito di gros, e, in mezzo a tutte queste, le Portalupi ti sembrano uno splendore.
In fondo, Teresina non era malcontenta di quella dichiarazione. Scivolando sulla sua poca competenza in fatto d'eleganza, si fermava con piacere sulla constatazione di Carlino, che le Portalupi erano goffe e punto avvenenti. Piú tardi, quando da fanciulla religiosa doveva fare l'esame di coscienza, quella subita allegrezza le sarebbe pesata come un peccato grosso: ma al momento, lì per lì, non credette di far male.
Carlino soggiunse:
— Avessi veduto la marchesina Varisi...
— Come? I Varisi non stanno a Cremona?
— Sì; ma la marchesina si trovava questo carnevale a Parma, in casa di una parente. Una figurina da silfide vaporosa, eterea; una grazia da sirena, una distinzione da gran dama. Vestiva sempre di velo bianco, e portava un fiore sul petto; il fiore solo cambiava, ora bianco come l'abito, ora roseo, ora vermiglio cupo, ora del piú pallido azzurro;