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sottoprefetto — curi i suoi reumi; qui occorrono piú braccia che giaculatorie.

— Sì, aggiunse il sindaco, con accento conciliativo — è inutile che esponga la sua preziosa salute. Riveritelo, e ditegli che preghi per tutti.

— E che stia attento se suona la campana!

L’omino nero sgusciò via tra la folla.

— Chi è quel tipo? — chiese al tenente uno degli ingegneri.

— È il cameriere di Monsignore.

— E Monsignore?

— Capperi, è Monsignore; l’abate mitrato, il capo del nostro clero, colui che officia nelle feste solenni.

— Quante autorità vi sono in questo paese! — esclamò l’ingegnere ironicamente — e si rimise a guardare l’argine corroso dalle acque, e le acque minaccianti, e il paese la città distesa, come un condannato, nel suo letto di morte.

Una voce fessa gridò:

— È allagata la ferrovia presso Cremona, le corse sono sospese.

Tutti guardarono chi aveva parlato. Era il signor Caccia, l’esattore delle imposte; un uomo alto, rosso in volto, colle spalle poderose, con una testa bizzarra a riccioloni sulle orecchie e con due sopracciglia inarcate che lo facevano somigliare un poco a un ritratto di Goldoni; ma un Goldoni burbero.

— Dice davvero, signor Caccia? Come lo sa?