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La fanciulla comprese la giustizia del rimprovero e una viva gamma di vergogna le salì alle guancie. Non disse più nulla, lasciando che il confetto venisse spaccato equamente fra le gemelle, mentr’ella soffocava i singhiozzi, col grembiale sulla faccia.

— Un biglietto, un biglietto! — gridarono le bimbe.

— È un confetto parlante — disse Carlino.

Teresina guardò, attraverso il grembiale, e vedendo Carlino che si precipitava sul biglietto, balbettò:

— Almeno quello, datemelo.

— Prima lo leggo.

— No, è mio.

— Non è più tuo.

— Sì.

— No.

Teresina era ripresa dalla collera, dal dispetto, dalla desolazione di perdere così l’unica memoria che le restava del ballo.

Carlino lesse forte, declamando con accento burlesco: Ricorda, tiranna — dal cuore crudele, — l’amante fedele — che muore per te.

Teresina, di cui il cuore scoppiava, tese bruscamente la mano: Carlino, con eguale prontezza, ritrasse la sua; il biglietto si lacerò.

Incapace di dominarsi più, la fanciulla corse a chiudersi in camera, dove ebbe una vera convulsione nervosa.