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avrebbe forse saputo creare nulla davanti a quel cielo; ma una dolcezza intima lo teneva appoggiato al davanzale, con l’occhio errante dalla volta stellata alla pianura che si svolgeva in gradazioni soavissime di luce e d’ombra. Era il plenilunio di marzo. Il vento della giornata aveva spazzato fin l’ultimo vestigio delle nuvole; l’aria, di una limpidezza incantevole, sembrava animare un mondo appena nato, dove tutto fosse puro e casto.

Ogni casa del paesello si disegnava nettamente, con la fuga dei tetti, il rialzo dei comignoli, l’avvallamento dei sentieri e il campanile che sovrastava bianco e muto, nell’attitudine di un grande angelo dalle ali raccolte.

Dal suo posto Senio vedeva distintamente il muricciolo di Orsola e l’alberello di melo i cui fiorellini, sotto il raggio della luna, prendevano un luccichìo misterioso di piccole perle. Il muricciolo stesso, nelle fantastiche altera-