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cietà creava sempre qualche guaio: un vassoio rovesciato, uno strascico strappato; alla meno peggio qualcuno ch’ella dimenticava di salutare o che scambiava per un altro.
Per compenso aveva letto una quantità di opere teologiche, filosofiche e chirurgiche: erano la sua passione. Conosceva il francese, spiccicava un po’ il latino, e per lo meno i nomi e le opere dei principali scienziati li conosceva tutti. Con un disprezzo profondo dell'arte e della poesia — roba da fanulloni, ella diceva — dedicava tutto l’ardore della sua fantasia, che non era poco, agli studi positivi.
Amava Spencer, Darwin, Nordau, Schopenhauer, questa donna dalle dita callose che risciacquava da sè la propria pentola e rispondeva «bestia,» nei momenti di collera, alla piccola servetta incaricata di aiutarla.
Ignara di qualsiasi freno, aveva sempre fatto quello che aveva voluto e con una pro-