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Era una cameraccia bassa, affumicata, tutta piena di operai e di facchini che vi avevano cercato un rifugio contro la bufera. Secondo l’abitudine dei paesi caldi non si trovava in essa nessun mezzo di riscaldamento; la sola cosa che si avesse potuto fare era stata di chiudere usci e finestre.

Tutti quegli uomini bevevano e fumavano: qualcuno giocava alle carte, parlando in quel loro dialetto indiavolato, di cui un forestiero non capisce una parola; qualche altro, buttato sopra una panca, dormicchiava. Ammorbava l’aria un tanfo di petrolio e di tabacco, di corpi poco puliti, di giacche passate in mezzo alle esalazioni del sego e dell’acido solforico, attraversato tratto tratto, quando si apriva l'uscio dell’attigua cucina, da un odore acre di olio bruciato.

Senio mangiò in fretta, preoccupato, malcontento, nervoso; poi si fece dare un sigaro, l’accese ed usci. Ma che fare fuori? Il pae-