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passo indietro, colpito, meravigliato della faccia spettrale che gli stava davanti.

Era veramente Stefano l’uomo che egli vedeva pallido, emaciato, con delle rughe sulla fronte, l'occhio impietrito, quasi gli fossero piombati addosso dieci anni in una volta? Ritto sulla porta, che non si curava nemmeno di chiudere, il vento lo investiva per modo che i suoi capelli sembravano rizzarglisi intorno alla fronte, accrescendo la strana e penosa espressione della sua fisionomia.

— Stefano? — fece Senio.

Stefano chiuse la porta, strinse forte la mano dell'amico e senza parlare s’avviò per uno stretto corridoio al suo studio, dove entrò e dove Senio lo seguì sempre in silenzio.

— Ah! Senio — esclamò finalmente il giovane medico, lasciandosi cadere di peso sopra una sedia e nascondendosi il volto nelle mani.

Senio pure sedette senza aspettare l’invito.