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Nel cuore dell’inverno, un rigido e splendido mattino di gennaio, Senio pose le gambe fuori del letto. Un amico, quello stesso collega che gli aveva dato l’avvertimento su Ernesta, venne ad assisterlo nella delicata operazione. Egli credeva che tutto fosse finito finalmente; ma, appena appoggiato il piede in terra, gettò un grido di sorpresa e di dolore. Le ossa appena rimarginate e intorpidite da un mese e mezzo di letto spasimavano per la fatica di fare un passo. L’ora di gioia che si era ripromessa fu un’ora di scoraggiamento e di umiliazione.

Ernesta gli disse:

— Provi a scendere quando non vi sono i suoi amici. Io posso ben sostenerla, sono forte. E poi conosco il suo male, l'ho curato io. Farà i primi passi a poco a poco e quando ne avrà ripresa l’abitudine mostrerà ai suoi amici che non è poi quell’infermo che sembra oggi.