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vincia, quindi poteva darsi benissimo che avesse condotto con sè una parente.

Rimasti Senio e la donna, Senio momentaneamente calmato la ringraziò, confuso nella ricerca delle parole, non sapendo oramai in qual modo considerare la sua situazione verso quella incognita.

Ella lo trasse di imbarazzo.

— Sono libera — disse con quella sua voce un po’ grossa e rauca che sapeva dominare all’occorrenza e che, nella nuova parte improvvisata, assumeva un tono di mistero, quasi di protezione — Le ho già detto che non ho lavoro. Ho pratica di ammalati, un po’; sarò la sua governante finchè non sarà guarito. Va bene? Mi comandi pure liberamente. Il mio nome è Ernesta.

Quello che provava Senio somigliava molto ad un sogno, un sogno fantastico e doloroso. Le emozioni del processo, la sua arringa, la folla, Stefano, la signora Aldobrandi, tutto