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Una sciocca preoccupazione, una preoccupazione meschina di biancheria da far rifare lo assaliva di tratto in tratto, irritandolo; ed anche questo gramo pensiero contribuiva nella sua infinitesima miseria a crescergli l’uggia.
Per un po’ di tempo, finché la luce lo permise, lesse qualche giornale, dove tutti gli incidenti del processo erano riferiti con grande abbondanza di particolari, e dove il suo nome si mesceva continuamente a quello di Stefano Mordini.
Uno zelante era andato perfino a rivangare la loro vecchia amicizia di scuola, servendosene di paragone per ritessere il virtuoso legame di Damone e Pizia. Egli conosceva quel giornalista; sapeva che era uno scroccone, un furbo, un uomo senza fede e senza coscienza, e quella lode dell’amicizia dalla sua penna lo nauseò. Pensava che la virtù è molto più in alto, dove 11 giornalista non l’avrebbe snidata mai, dove egli stesso non si sentiva ali per giungere.