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Rimasto solo nel salottino di Stefano, Senio rammentò la prima volta che vi era entrato e come ne fosse fuggito subito, come avesse creduto allora impossibile che l’amico suo potesse resistere alla sventura.
Invece aveva resistito, e tanto, che una più grande lo colpiva senza piegarlo. Esisteva dunque una forza che non era intelletto, che non era volontà, che battuta si rinnovava, che cacciata ritornava. Era forse l’amore? Ma l’amore di chi? Non certo l’amore dei sensi, nè l’amore di vanità, nè l’amore di sè stessi. Stava forse rinchiusa in quella misteriosa parola bene, che lo aveva pure tentato nelle ore degli entusiasmi giovanili ed a cui aveva creduto di giungere senza amare? È possibile fare il bene senza amare? È possibile amare senza sacrificarsi? E senza amore e senza sacrificio c’è vera vita, vera forza?
Nel segreto oscuro del suo io, Senio discendeva anche più in fondo. Rimettendo il bene