Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 110 — |
l’alto, condusse Senio attraverso la nuova disposizione della casetta, dove era stata fatta una larga parte per i poveri e per gli ammalati che venivano a consultare il giovane medico.
In quello che era stato il salotto della sposa, dove Senio aveva visto il tavolino da lavoro coi gomitoli di lana rosa e il ditale d’argento, Stefano gli mostrò tutta una batteria di farmachi e di nuovi ritrovati che la meccanica mette ora a disposizione dei medici.
Ma davanti a quella trasformazione il pensiero di Senio correva al ditalino d’argento che lo aveva impressionato la prima volta; e da questo ad un altro più piccolo d’avorio che una fanciulla teneva in grembo, in un mattino di marzo, seduta sotto un alberello di melo. E ancora, come quel mattino, la soave figura di Dina si urtò nella sua mente con la figura ignota della moglie di Stefano.
— Non abbiamo farmacia in questo paese — notava Stefano con l’aria convinta di un