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12 Profili, Impressioni e Ricordi


Prima di parlare di Alberto Sormani, del suo ingegno, de’ suoi ideali, della sua opera, ora che già dissi come lo perdei, mi è di malinconica dolcezza rammentare in qual modo lo conobbi.

Nell’inverno del 1890 ero molto debole, convalescente, per cui vivevo ancor più rinchiusa e solitaria del solito, non ricevendo che gli amici intimi. Una lettera che trovai alla mia porta mi sorprese e mi occupò qualche giorno per un non so che di strano, direi meglio di originale, che trapelava dalla scrittura alta e ferma, quale i grafologhi attribuiscono al genio ed all’orgoglio; dallo stile, dalle idee, da una audacia nuova e altera. L’ignoto scrivente mi apriva una disputa sul mio romanzo, l’Indomani, lusingando il mio amor proprio di autore e mostrando un ingegno acuto; ma io ero debole, malata, e poi non ho mai avuto passione per la polemica; infine, l’esperienza mi aveva raffreddata sulla maggior parte di queste lettere di ignoti che ci destano un palpito così soave per lasciarci, più tardi, una amarezza di più. Mandai una carta di visita in forma di ringraziamento e non ci pensai altro.

Passato qualche tempo l’ignoto tornò a scrivere. Domandai allora a qualcuno che vive nel mondo letterario di chi fosse questo nome a me sconosciuto. Nessuno lo sapeva. Con una seconda carta mi scusai di non potere, per la mia sa-