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86 Novelle gaje.


Gli amori di Emanuele e di Sofia erano appunto, com’ella aveva detto, vecchi di dieci anni, ed io ne ricordavo perfettamente le sentimentali e platoniche peripezie. Tutt’insieme, tra il primo sguardo e l’ultimo bacio (sulla mano) durarono il tempo che corre tra lo spuntare delle viole e la maturanza delle nespole; poi la fiamma si spense, non so bene perchè, per atonia, per malintesi, perchè la ragazza era troppo giovane o lui troppo timido o perchè doveva spegnersi.

Andarono, l’uno sulla via della medicina, l’altra su quella del matrimonio; il primo a immergere specilli, la seconda a gettar scandagli; studiando tutti e due la gran scienza della vita.

Ora, dopo dieci anni, il caso li riuniva in un cimitero.

Emanuele era diventato un po’ più pallido; aveva una gran barba castagnina, due occhi serii e profondi. Era medico di prim’ordine.

Sofia, cui il matrimonio aveva giovato, sembrava trovarsi benissimo anche nella vedovanza e positivamente non si preoccupava delle seconde nozze; era sempre, con gran dispetto delle sue rivali, una donnina fresca, vivace, seducente, con una dozzina di pozzette sparse un po’ dappertutto e un sorriso che valeva un Perù.

L’avevano soprannominata il polo nord, per la resistenza veramente di ghiaccio, contro la quale si spuntavano le frecce de’ suoi adoratori.