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76 | Novelle gaje. |
fra pareti nude; un gatto sul davanzale della finestra mi guardava fisso co’ suoi occhi screziati di verde e di giallo.
Nessun vestigio di gente umana, nessuna traccia.
Oreste era meravigliato come me.
Ci alzammo e facemmo il giro della capanna — silenzio dappertutto; tutte le finestre per mancanza di imposte erano aperte, ma la porta chiusa.
Questo ci diede da pensare, noi eravamo ben sicuri di essere entrati dalla porta.
— To’ — disse Oreste — l’avranno chiusa prima di fuggire.
— Sono dunque fuggiti?
— Eh! certo; come spiegare in altro modo la faccenda?
Precisamente; come spiegarla?
Quei due venuti chi sa da dove, per chi sa quali motivi, avevano posato il loro nido, come uccelli di passaggio, fra i castani della collina; trovandosi scoperti erano volati via; non vi è cosa più semplice di questa.
Una notte era bastata per ripiegare le tende; nella loro posizione avranno tenuto ogni oggetto pronto e naturalmente, poco lungi, li aspettava l’ippogrifo per trasportarli nella regione delle chimere, nel paese azzurro d’onde erano venuti.
D’accordo con Oreste, mi parve fuor di dubbio che essi fossero due principi perseguitati, o per lo meno il figlio di un vizir che aveva rubato al sultano la più bella schiava.
Deliziosamente inebbriati e pieno il capo della no-