Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Divina gioventù. | 73 |
Credo che se ci avesse somministrato una salva di scappellotti la nostra sorpresa sarebbe stata molto minore.
Quel contegno così nobile di fronte ad una ignobile ragazzata mi fece senso.
Esitammo un poco, ma egli ci precedette tenendo aperta la porticina bassa della capanna; uno sguardo ricambiato con Oreste mi diede coraggio ed entrai.
Ahimè! Il divano era vuoto; l’angelo, la fata, la principessa era sparita.
Lui non fece la benchè menoma allusione a questa scomparsa. Ci indicò i cuscini sparsi sul pavimento invitandoci a sedere; poi trasse da un armadietto nascosto dietro la tappezzeria due calici elegantissimi, li riempì di un vino limpido, trasparente, color di topazio oscuro, e venne ad offrirceli con serena gravità. Nè Oreste nè io non avevamo mai bevuto nulla di simile. L’aleatico si nascose nel cantuccio più umile delle mie reminiscenze, e pensai alle delizie del greco Falerno.
Oreste espose con sufficiente retorica una scusa onesta, si profuse nelle espressioni del nostro pentimento; disse che eravamo mortificati, ecc., dolenti, ecc.
Camaralzaman troncò di nuovo questo discorso e riempì i calici vuoti. Sembrava non avesse molta voglia di discorrere e noi rispettando i motivi del suo riserbo non trovammo modo migliore per esprimere i sensi della nostra gratitudine che bevendo alla sua salute.
Non era il caso di prolungare una visita così biz-