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Divina gioventù. 67


dendo Oreste fermo in mezzo all’acqua come san Cristoforo.

— Questa, caro, questa delle «dolci fresche, verdi acque.» Più avanti la Versa si allarga maledettamente e sarebbe più faticoso l’attraversarla, poiché una volta o l’altra ci conviene attraversarla, visto e considerato che dal castello lassù non vorranno gettarci il ponte levatoio.

Guardai in alto di là dove partivano prima i flebili suoni; non si udiva più nulla. La collina era immersa in un perfetto silenzio.

Plaff!

In un batter d’occhio raggiunsi il mio amico:

Un rospo colla spada e la livrea
Ballava il minuetto in mezzo al fiume...

Diguazzavamo ridendo nell’acqua fresca, non troppo limpida per verità...

Ah! mia amica, pensare che al giorno d’oggi non osiamo ridere senza aver prima scrutato il motivo, vedere se ha una sorgente abbastanza nobile, sufficientemente dignitosa, indiscutibilmente morale — ah! mia amica, come si diventa vecchi!

Divago un poco, non è vero? Ma se sapeste! Mi sembra di ritornare ragazzo e lascio volentieri da parte la mia causa, che mi fa arrabbiare, per scrivere queste memorie che mi sollevano il cuore.

Usciti dalla Versa, ci asciugammo i piedi bene o male, ma più male che bene, e Oreste disse:

— Vi sarà un sentiero probabilmente?

— Sì, probabilmente, ma come trovarlo ora?