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62 | Novelle gaje |
— Bravo Cristoforo Piccione; ma quale collina?
— Eh, perbacco! la collina! — risposi, certo del fatto mio e segretamente lusingato di sapere qualche cosa che Oreste non sapeva.
— La collina delle streghe?
Io feci un cenno affermativo e vidi, con sorpresa, il mio amico abbandonarsi a una pazza gioia, gettando per aria il cappello, agitando mani, braccia e gambe; tutto a un tratto si fermò, cacciò il cappello sulla nuca e appoggiandosi fortemente al manico di corno del suo bastone.
— Sarebbe oggi sabato per caso?
Mi fece questa domanda con voce bassa e misteriosa.
Riflettei un momento, perchè, al pari di lui, non mi trovavo quella sera molto forte per gli esercizi di memoria; ma infine credetti di poter affermare che non era sabato.
— Peccato, peccato, peccato! Non potremo dunque vedere le streghe... mi sarebbe piaciuto tanto; e a te?
— Mediocremente, lo confesso.
— Cuor di coniglio! — esclamò Oreste sdegnoso, e si pose a borbottare su un tono da ventriloquio:
Tu dito d’un pargolo strozzato nel nascere, |
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La luna s’era nascosta dietro i pioppi e uno sprazzo di luce, tingendosi di verde tra foglia e foglia, dava al paesaggio un aspetto fantastico, che ricordava a puntino il terzo atto del Macbeth.
Il venticello della mezzanotte, passandomi tra i ca-