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Divina gioventù. 51


— Pare di no, anzi diventammo i migliori amici del mondo.

— O uomini!

Il treno si era fermato; eravamo alla stazione di Verdello.

I bei colli bergamaschi rompevano in linee azzurre il sereno uniforme del cielo; si sentiva l’aria pura della valle Brembana e l’olezzo dei gelsi montanini, ed io seguivo coll’occhio del pensiero il corso tranquillo dell’Adda attraverso le ubertose campagne e gli allegri paeselli che tante care memorie ridestavano nel mio cuore.

— L’aspetto di questi luoghi — disse Ciro Garzes — mi richiama alla mente il teatro delle mie prodezze giovanili.

— Voi siete piemontese?

— Nacqui a B***.

— Vicino a Stradella?

— Sì. Conoscete quel bell’angolo di Piemonte che si abbraccia amorosamente alla Lombardia con quella fascia argentea scorrente tra i pioppi...

— Il Po!

— E la Rocca vicino a Stradella?

— E i molli declivi di Canneto?

— E la Versa inghirlandata di pampini?

— Conoscete anche la Versa?

— La conosco e l’amo come si amano tutti i luoghi nei quali si ebbero diciott’anni.

— Ohi ma allora vi ricorderete del caffè di B***?

— Con tre sedie di legno, sei tazze scompagnate e un vassoio d’ottone carico di bicchieri di ogni forma.