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38 | Novelle gaje. |
dubbio, allorché un giorno venendomi accanto per sollevarmi i guanciali, io presi la sua candida manina e la strinsi fra le mie, ella si curvò e mi diede un bacio sulla fronte.
Che eloquente silenzio!
Incominciavo ad alzarmi, don Sulpicio premuroso della mia salute spirituale mi portò la Filotea onde ripigliassi le sante meditazioni, ma se leggevo quel libro di sera mi ci addormentavo sopra e se lo leggevo di giorno pensavo a Giannina. Fu appunto in questa seconda applicazione che i miei occhi caddero su una poesia dedicata al sacro cuore di Gesù:
Come assetato il cervo |
La rilessi otto volte, pensavo a Giannina e la virgolai con inchiostro azzurro.
Un’ora non era trascorsa e Giannina, che veniva a tenermi compagnia nella solitudine della convalescenza, aperse a caso il Manuale; la sua intenzione non era di leggerlo; trastullavasi a voltare i fogli, stirandone le pieghe col suo morbido dito; quando fu alla pagina segnata si fermò, sorrise e mettendomi in volto que’ suoi grandi occhi neri, disse:
— La vostra devozione, cugino, s’adatta alle mie pratiche mondane.
Volli rispondere; mi chiesi che cosa dovevo rispondere; e in fin dei conti non feci altro che arrossire. Tirai avanti un altro mese con questi preliminari.
Giunse l’inverno; la marchesa Vavaroux, avendo