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Come la mia anima fu perduta alla grazia. 35


— Come? Volete impedirmi di recitare una canzone sacra?

— Non è la canzone... è... non è...

Effettivamente la mia testa ardeva; mi battevano i polsi; il cuore mi palpitava violentemente.

Giannina tacque.

Tutto ad un tratto, con un movimento di gazzella spaventata, ella balzò in piedi gridando:

— Un bruco, cugino, un bruco!

— Dove, signora?

— Qui sul mio collo.

— Oh, signora!

— Levatelo, cugino, fate presto.

— Egli è che...

— Presto per carità, mi sento morire di paura e di ribrezzo, cugino, presto!

San Giovanni Nepomuceno, come dovevo fare? Anzitutto mi convenne scoprire gli occhi per vedere ove trovavasi il bruco: «sul mio collo,» ella aveva detto. Sul suo collo! ed aveva diciassette anni e una foresta di capelli neri le serpeggiava in ciocche capricciose e il serico velo era lacerato in due luoghi; ah! perchè non rammendarlo?

— Ma Dio! che cosa fate? me lo sento ancora!

— Perdono, non lo vedo, non lo trovo, non...

— Qui! guardatelo qui... fugge! Lo vedete ora?

Sì, lo avevo veduto e con esso, angelo mio custode! e con esso...

Raccolsi prontamente una foglia di platano e l’accostai al lurido insetto; prenderlo colle dita non avrei osato, su quel collo.