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30 | Novelle gaje. |
— Ho capito, il paravento è ancora all’ordine del giorno; vi dirò intanto, cugino, che l’altra notte io pensavo al mio povero marito. Oh! come mi trovavo deserta, malinconica. Come desideravo il mio Giulio, come sospiravo rimembrando i tempi felici della nostra unione! Ho appena diciasette anni...
— Signora, tali particolari...
— Tali particolari, cugino, mi conducono a dirvi perchè non potendo trovar pace nel mio letto deserto uscii a respirare l’aria fresca e perchè invece dell’aria fresca ho incontrato voi e il vostro Manuale, a proposito del quale vi annunzio che si trova nel mio appartamento.
— Spero me lo renderete.
— Quanto prima; esso ha formato la mia delizia in questi giorni.
— Me ne rallegro signora e da ciò argomento che l’anima vostra progredisce verso la salute.
— Ma credete che sia inferma l’anima mia?
— Oh quanto! tutte le vanità mondane, tutte le gioie nefande dei sensi, tutte le concupiscenze della carne tramano contro di voi.
— Che cosa tramano? — chiese la vedovella col suo riso infantile e impertinente.
— La perdizione dell’anima vostra, signora! di questa pura fiamma che noi dobbiamo alimentare a gloria di Dio e che voi fate ardere di fuoco profano.
— Ah! cugino, non mi farete credere che voi parlate da senno; siete imboccato dalla nostra nobile parente Vavaroux, dal cavaliere dei Chiodi e da quei due coccodrilli che vi insegnano il latino, non su Virgilio, ma sul Confiteor.