Pagina:Neera - Novelle gaje, Milano, Brigola, 1879.djvu/36

26 Novelle gaje.


vendo incominciare la novena di San Eulogio, vescovo.

Il cielo m’è testimonio che io non pensavo e non mi occupavo menomamente della giovane vedova; ma il fatto è ch’ella mi rubava quattro o cinque ore al giorno per istigazione della marchesa; il cielo potrà anche dire se la marchesa agiva in tal modo per sbarazzarsi di una compagnia che poteva distoglierla dalle sue pie occupazioni.

— Ah! cugino, sono molto infelice! — diceva la signora Odescalchi Gallieri degli Omodei.

— Pregate il Dio di Gerusalemme ed egli verrà in vostro aiuto — rispondevo innalzando la mia mano.

— Il Dio di Gerusalemme non mi renderà Milano! — singhiozzava la vocina, e che soave odore di mammola usciva dal suo fazzoletto!

— Empia città! Come è mai possibile il rimpiangerla? — diss’io che non la conoscevo.

— Ah! cugino, sono nata a Milano, là mi sono maritata, là perdetti il mio Giulio.

— Signora, l’amore di Dio vi renderà il doppio di quello che perdeste nell’amore di un uomo.

— Io m’accontenterei che mi rendesse semplicemente quello che ho perduto, ma ne dubito. Se sapeste cosa vuol dire esser vedova a diciassette anni, dopo sei mesi di matrimonio! Noi ci amavamo tanto!

— Signora! — interruppi alzando anche l’altra mia mano.

— Deh! lasciate che mi sfoghi; Giulio ed io eravamo felici come gli angeli nel paradiso.

— Quale bestemmia, signora, quale bestemmia!