Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
298 | Novelle gaje. |
La cameriera della Croce Bianca, losca e colla faccia coperta di lenticchie, raccontò a Piedolce che il giovinetto scomparso era proprio l’angelo Gabriele mandato per convertire quel discolaccio del signor Patrizio, che non vi era riuscito, e che d’ora in avanti essa aveva paura a dormir sola la notte, temendo l’albergo abitato dal diavolo.
Patrizio non si curava menomamente delle variazioni che succedevano intorno a lui. Non era occupato che da un solo desiderio: ritrovare Gildo.
Una sera, passeggiando in un viale remoto fuori della città, vide correre lesta lesta davanti a sè una figura femminile che egli poteva affermare sulla sua coscienza di non avere mai vista in Pavia.
Era piccola, sottile, vestita di nero e sotto il velo le svolazzavano brevi ciocche di capelli castagni.
A Patrizio balzò subito il cuore; e poichè nemmeno un’anima si vedeva nelle campagne e lui, Patrizio, era poco disposto alla pazienza dopo tanta che aveva dovuto trangugiarne a suo mal costo, le si gettò in ginocchio, abbracciandola, stringendosela sul cuore e mormorando ancora su quella pallida guancia, al posto del primo bacio:
— Non mi fuggirai più... dovessi morire!
O Dio, sì anche lei lo baciò perchè sentiva di essere amata ed era fiera e felice della sua vittoria.
⁂
Anime innamorate che passate da quel viale, sciogliete un voto alla conversione di Patrizio — e se