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294 | Novelle gaje. |
be quasi gettato nell’acqua il barcaiuolo per trovarsi solo con Gildo e domandargli:
— Chi sei, tu che mi fai fremere, palpitare, commuovere, agire a tua voglia? Chi sei, tu che amo?...
Giunsero quando Dio volle alla sponda. Patrizio uscì dalla barca per entrare in una carrozza e si fece condurre alla casa di Gildo.
Durante il tragitto il fanciullo per metà rinvenuto piangeva, e Patrizio agitato, turbatissimo, gli teneva la testa stretta sul suo cuore che batteva rapidamente.
Lo portò a braccia su per le scale, lo depose sul letticciuolo dove egli stesso aveva riposato una notte, e non potendo piu reggere al tumulto delle idee e delle sensazioni:
— Gildo — esclamò — Gildo, per pietà!
Gli si fece vicino; tornò a prendergli le mani, ma Gildo tentò ritirarle. Volle guardarlo dentro gli occhi, ma Gildo abbassò le palpebre. Con un movimento rapido e insensato accostò le labbra alle guance pallide del fanciullo — un grido gli rispose — e Patrizio raggiante, senza staccare le labbra da quella guancia, mormorò:
— È dunque vero?
⁂
Sì era vero — e come tutto cambiò allora!
I due che da oltre un mese facevano vita comune, in confidenza, dandosi del tu, non osavano quasi guardarsi o per meglio dire Patrizio guardava in un modo diverso, e lei non attingeva più nel suo segreto, oramai svelato, il coraggio di sostenere quello sguardo.